venerdì 30 settembre 2011

Emozioni, forti

Ho voluto vedere se, guidando a fari spenti nella notte, è poi tanto difficile morire.
Sono abituato, però, a calcolare bene i rischi; quindi ho fatto la prova di giorno, in bicicletta, con il fanale acceso, nel cortile.
Devo dire che è andata bene.
Domani proverò a prendere a pugni il primo scortese che incontrerò; ovviamente con le dovute cautele, del tipo: proprio pugni no, probabilmente lo prenderò in giro, ma sottovoce, e non subito; magari aspetterò di essere a casa, in camera mia, con le finestre ben chiuse.
Certo, poi arrivano di quelle botte di adrenalina che tengono sveglio tutta la notte.

mercoledì 28 settembre 2011

LiberaMente - OT vs FAQ

Ho appena accompagnato il bisnonno di mia moglie, Otello Tosco,  detto l’OT, dal fisioterapista perché deve fare riabilitazione all’anca.
Purtroppo ha avuto un brutto incidente, un mese fa, con la sua moto da trial.
Provava a impennare – in salotto perché in strada non può, ha ancora il foglio rosa – e il suo nipotino, Falco Quasimodo, detto il FAQ, di dieci mesi, gli ha tagliato la strada con il girello; Otello Tosco, detto l’OT, per non investirlo, è caduto.
Nessuno ha voluto firmare la constatazione amichevole, né l’OT né il FAQ, e così sono in causa.
Falco Quasimodo, detto il FAQ, ha deciso di difendersi da solo.
Mi ha confidato che imposterà la sua linea difensiva sul fatto che veniva da destra e che il suo girello, oltre a essere omologato CE, ha guadagnato le cinque stelle NCAP.
Spera anche nella clemenza della corte: le prime parole che ha detto, a due mesi, sono state: “Silenzio o faccio sgombrare l’aula!”.
Otello Tosco, detto l’OT, invece, ha preso contatto con la Signora Mirte, intima amica di un avvocato di grido, tale Perry Manson, detto Marilyn.
Il Manson avvocato Perry, detto Marilyn, ha però declinato l’invito perché, nelle aule di tribunale italiane, i crocifissi non si possono capovolgere.
La signora Mirte, che ha preso in simpatia Otello Tosco, detto l’OT, non si è persa d’animo: ha telefonato subito a un suo lontano parente, che conosce un tale, che a scuola era vicino di banco di una ragazza, che è stata sposata con il custode di un'azienda, dove lavorava regolarmente un clandestino, che una volta, a un semaforo, aveva visto un vigile litigare con un avvocato.
L’udienza è stata fissata per il mese prossimo e io sono il testimone chiave di entrambi.

martedì 27 settembre 2011

Autostima a mille

Ho appena finito di ascoltare una bella canzone di Roberto Vecchioni, che consiglio a tutti: si intitola A.R. (Arthur Rimbaud: il testo lo trovate  nella sezione musicale del blog  "Atmosfere").
Il verso " ... Ribaltare le parole, invertire il senso fino allo sputo..." mi ha sempre fatto pensare.
Evoca, in me, l'ansia, il tormento di un poeta votato alla ricerca spasmodica di un'alternativa impossibile.
Adesso, che c'ho il mio bel blog, e scrivo, mi rendo conto di essere molto fortunato: rileggendo alcuni miei post, arrivo direttamente allo sputo, senza ribaltare o invertire alcunchè. Senza ansia nè spasmi.

lunedì 26 settembre 2011

L'er metico

Oggi mi sento poeta.
Ho avuto un guizzo d'ispirazione e ho composto una poesia, che  trovo bellissima, ispirandomi ai maestri dell'ermetismo.
Bando alle ciance, eccola.
 
SOLE

Sole
sui banchi del mercato.
Afa, vocii

e colori
non coprono
l’eterno abbaglio.

Penso di proporla a qualche illustre critico letterario; sono quasi sicuro che riempirà fogli di analisi appassionate.
Il non senso dell'esistenza, il vuoto sempre presente e che traspare anche nella confusione di un mercato rionale.
E l’ambiguità dell’accento acuto o grave nel titolo ... altre pagine di commenti entusiastici.

sabato 24 settembre 2011

Dimentica, dimentica

Vi ricordate Dory? La pesciolina amica di Nemo, quella smemorata ... massì, il pesce chirurgo con la pinna gialla! (o era un tonno? Ah sì, era un tonno.) 
Dory, quella della canzoncina “zitto e nuota”, che accompagna Nemo fino a Sidney ... ve la ricordate? Io no.
Perché anch’io non ho memoria. Come Dory: mi ricordo benissimo.
Mi capita di ripetere le frasi, di dimenticarmi i nomi, di dimenticarmi i nomi, di ripetere le frasi.
Non riconosco le persone. Spesso confondo le mie colleghe con mia moglie; non mi capita con tutte, solo con quelle belle e giovani. E questo mi dà speranza, sulla malattia intendo.
Poi dimentico quasi sempre, dove sistemo le cose. Per dire, ieri ho appoggiato la mia bicicletta - supertecnologica, 3000 euro - al muretto davanti a casa mia e oggi non c’è più e non riesco a ricordare dove l’ho messa.
Ci sono volte in cui dimentico addirittura il motivo per cui mi comporto in determinati modi; ad esempio non riesco a ricordare perché ho nascosto la mia macchina, nuova fiammante, di gran lusso, in un capannone sotto un telo pur avendo il garage.
In più, mi perdo per strada. 

Io termino il lavoro alle cinque del pomeriggio, eppure, una settimana fa, sono rientrato in casa solo all’una di notte.
Nella mia casa, perché prima, sbagliandomi, sono entrato in altre quattro. Gli effettivi padroni non sono stati contenti; però hanno compreso la mia patologia e mi hanno accompagnato alla porta gentilmente, a legnate. In compenso ho dovuto riconsegnare tutti i soldi che avevo erroneamente prelevato, convinto fossero i miei.
Il dramma, comunque, è che mi attribuiscono azioni che proprio non riesco a richiamare alla memoria. Neppure se me le ricordano con foto o filmati. Cancellate per sempre, mai esistite nè accadute.

Mi succede, soprattutto, con i libri che dicono di avermi prestato.
Una volta anche con un impianto stereo: un mio caro amico insiste a dire che ce l’ho io, ma mente. E’ ovvio che menta, perché l’impianto in questione é installato sulla sua Ferrari, che lui non trova più, ma che, per quel che ricordo io, non ha mai avuto. Ha voluto controllare anche nel mio garage, ma era ovviamente vuoto.

giovedì 22 settembre 2011

Certi giorni

Capita anche a me (no, non di pensare che al di là del mare; cioè sì, ogni tanto lo penso, ma adesso non mi riferisco a questo), capita anche a me, dicevo, di essere nervoso, ogni tanto. Anche agitato; o nervoso e agitato, qualche volta perfino preoccupato; oppure nervoso e agitato e preoccupato, o solo nervoso e preoccupato, o preoccupato e agitato.
In quei momenti (quelli in cui sono nervoso, o agitato, o  preoccupato, o ... non sono sicuro di essere chiaro) in quei momenti, dicevo, mi parte una tremarella micidiale alle mani, soprattutto alla sinistra.
La cosa un po’ mi limita, essendo mancino. 

Mancino e nervoso. Anche mancino e agitato; preoccupato, agitato, mancino e nervoso.
Nei momenti di cui sopra, sbaglio nel battere i tasti sulla tastiera e se devo infilare una chiave nella serratura mi ci vuole un po’ di tempo; stessa fatica con spine e prese ... insomma, una sofferenza.
Mia moglie, invece, è contenta.

In quei giorni, (sì, sì, proprio quelli in cui sono agitato, mancino, preoccupato, nervoso oppure ..., insomma, quelli della tremarella), in quei giorni, dicevo, sono utilissimo in cucina: faccio una maionese da urlo e le uova strapazzate riescono benissimo.
Per non parlare di come metto il formaggio grattugiato sulla pasta, o di come scuoto la tovaglia.

Insomma, c'ho il mio perchè anche in quei giorni. Come quali giorni?  Massì, quelli in cui ...

mercoledì 21 settembre 2011

Il Lider del tiim

Che meraviglia! Ieri pomeriggio, in ufficio, sono stato promosso, per meriti lavorativi.
Finalmente i capi si sono accorti delle mie indiscutibili doti di Team Leader (così mi hanno chiamato) e mi hanno nominato responsabile di un gruppo di lavoro.
"Dal team al vertice, sono un grande!" ho pensato, cercando, invano,  di mantenere un certo aplomb.
Il mio nuovo compito sarà quello di coordinare, organizzare e controllare il lavoro del gruppo, definendo obiettivi e strategie; inoltre sarò in continuo contatto con le alte sfere: i Dirigenti Dallo Stipendio Di Giada.
Come se non bastasse, sarò anche responsabile di tutti gli aspetti legati alla sicurezza e al benessere, sul posto di lavoro, dei miei collaboratori.
Nuove sfide, grandi responsabilità; bene! Sono pronto!
"Certo", mi hanno detto, "non potrà più compiere le mansioni precedenti, per le quali le era riconosciuto un benefit economico".

Quindi, alla promozione ha fatto seguito, automaticamente, una diminuzione dello stipendio.
Sono soddisfazioni.

martedì 20 settembre 2011

Ah...nonimo

"Ma che cos'è??
NON fa ridere e scrvi anche male"
(cit.)

Caro Anonimo, ho pensato parecchio come comportarmi con il tuo commento - posso darti del tu, vero? farne tesoro, ignorarlo oppure cancellarlo. 

Poi mi sono detto: "Questo Anonimo si è preso la briga di farmi sapere la sua opinione: merita un cenno".
Non ti piace quello che scrivo? Che posso dire, nulla. Chi meglio di te sa cosa ti fa ridere e cosa ti dà fastidio? Ci tieni a farmelo sapere? Bene.
Scrivo male... mhhh ... però neppure tu scherzi; dai su, sto nel mucchio.
Chiudo citando un saggio, che scrive benissimo e per di più canta.

E' la conclusione di una canzone, L'Avvelenata, di Francesco Guccini: esprime, in modo impeccabile, il mio atteggiamento verso ogni cosa che faccio, blog compreso.
Ma se io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto,

forse farei lo stesso,
mi piace far canzoni e bere vino, mi piace far casino, 

poi sono nato fesso
e quindi tiro avanti e non mi svesto 

dei panni che son solito portare:
ho tante cose ancora da raccontare 

per chi vuole ascoltare...
Oddio, volendo potevo risparmiare tempo e citare il titolo di una vecchia canzone di Masini.

lunedì 19 settembre 2011

LiberaMente - Io e la Mirte.

Ieri la signora Mirte, mia vicina di casa, ha compiuto centoquattro anni.
Come regalo di compleanno mi ha chiesto di diventare il suo Toy boy; non subito, però: prima deve lasciarsi con il suo attuale ragazzo, un nobile russo, cugino alla lontana dei fratelli Karamazov.
Si lasciano, mi ha confidato, perché quando lui nomina i suoi famosi parenti, lei scoppia a ridere, soprattutto quando cita Smerdjakov.
A me non dà neanche fastidio aspettare; le ho detto che ho l’agenda piena e, facendo i salti mortali, posso liberarmi verso la fine di gennaio 2015. A patto che mi porti con lei a Cortina.
La Mirte si è un po’ risentita; mi ha detto che deve pensarci un attimo: quelli che fanno troppo i preziosi non le garbano molto.
Comunque la settimana l’ha opzionata.

domenica 18 settembre 2011

Informazione preventiva

Sto per iniziare una settimana tosta, mentalmente pesantissima. E non sono in forma.
Sì, forse non lo sono mai stato - in forma, intendo - però, adesso, mi sento più a terra del solito. Il clima, poi, non aiuta. Neppure la salute (niente di grave, solo una discreta quantità di fastidi).
Mi conosco, lo so come sono; quando si verificano queste congiunture astrali negative, la mia testa va in tilt, i neuroni collaudano nuove connessioni e i pensieri seguono traiettorie sconcertanti, bizzarre.

La mia solita, rassicurante logica abdica a favore dell'anarchia, dell'irrazionale.
Avete presente quei giochi, che si facevano da piccoli, in cui bisognava trovare una parola che avesse qualche legame con quella detta appena prima: montagna, ...neve, ...bianca, ...bernie, ...topo, ...gatto, ...stivali ...? Nessuno pretendeva che il tutto avesse un senso e formasse un concetto; ogni termine viveva in quanto emanazione del precedente e spariva nel successivo. Stop.
Q
ualcosa di molto simile succede nella mia testa, durante questi frangenti; quasi ogni pensiero genera il successivo solo in base ad assonanze, a ricordi, a sensazioni.
Incomincio a esprimere un concetto e inciampo su una parola che mi richiama, chessò,  una canzone; "ah, l'ho sentita a...", penso, e l'attenzione si sposta sul luogo, la memoria torna a quel momento, ricordo il clima, le emozioni e così via.

Un esempio: tempo fa, in ufficio: “Ho trovato un modo per risolvere il problema”, inizio, “senza aspettare il miracolo”. E, dentro di me, “miracolo... spettacolo... il più grande spettacolo dopo il big bang... big ben... a me non è mai piaciuto quell’orologione...” e così via, alla deriva, sempre più lontano dal discorso originale.
Cedo il timone all’inconscio, che ha le sue ragioni, che la ragione non comprende.

Chi mi conosce, sa di queste acrobazie mentali e le tollera.
E voi, affezionati lettori, siate gentili, abbiate pazienza se, nel blog, dovessero apparire insensatezze; io sono così (...e ho voglia di volare, mentre dico che ti avrò. E ti avrò...).

Oppure, come si diceva una volta, cambiate canale (canale...  Barale... chissà che fine ha fatto...).

venerdì 16 settembre 2011

Padri e figli

Quando sento dire che i genitori non riescono più a parlare con i loro figli, francamente mi stupisco.
"Non è possibile!" penso "Ma come si fa a non riuscire a parlare con i propri figli!! Ma come si fa a non instaurare un dialogo!!!".
Per sfatare questo inspiegabile luogo comune, ora vi racconto la conversazione appena tenuta con mio figlio, dodicenne.

Luogo: cucina-salotto
Ore: 12.30

- Mattia (nome di fantasia –NdA), è pronto, vieni a tavola.
- ...................................
- Mattia?
- ...................................
- Bello, vieni a tavola?
- Non posso, devo finire il livello. (livello: stadio di gioco, nello specifico su DS - NdA)
- Salva e muoviti!
- Non posso salvare, devo finire la battaglia.
- Chiudi il coperchio che il gioco va in pausa!
- ...Ecco, mi hanno ucciso!! Colpa tua!!
- Vieni a mangiare che guarisci.

- ...................................
- Mattia?
- Uffa, cos'hai ancora?
- V I E N I   A  T A V O L A!!!

Finalmente arriva, si siede e, nell’attesa che le porzioni si scaldino nel microonde:

- Allora, tutto bene a scuola?
- Sì.
- Che materie hai avuto?
- Uffa, come faccio a ricordarmi le materie che ho avuto.
- Mattia, sei tornato da scuola quindici minuti fa!
- Che due scatole...allora ho avuto matematica...
- E poi?

- .....................................
- E poi?
- Poi cosa?
- Poi che materie hai avuto oltre, ..., oltre .... matematica.
- Poi  italiano e religione... non religione, inglese.
- Matematica italiano e inglese?
- Noooo.
- Allora cosa?
- Non lo sooo, non mi ricordooo.
- Ha spiegato qualcosa di difficile, la prof di matematica ? (prof: professore/ssa - tentativo di diminuire il gap generazionale - NdA)
- Sì,.............no.
- Sì o no???
- Ma cosa dici!!! Non c’era matematica.

 Il suono del microonde mette fine al dialogo.
Vabbè, a voler essere sincero fino in fondo, non sempre è così; anche a me qualche volta è capitato di non riuscire a parlare con mio figlio.

giovedì 15 settembre 2011

Di caldo, di freddo, di intellligenze e di paranoie

Mi sono detto: “ Ma vuoi che a quest’ora ci sia qualcuno?”
E così, convinto di fare la partenza intelligente, mi precipito all’ipermercato.
Il termometro dell'auto, al sole, segna trentanove gradi.
Mi sembra di stare in un forno, incomincio a sudare copiosamente, ma non mi perdo d'animo.
Già dalla penuria di parcheggi liberi intuisco che forse non sono l’unico intelligente in circolazione, ma che siamo in tantissimi.
Giro, rigiro, controllo i pedoni, sudo sempre più; finalmente trovo un posto, ci metto la macchina e mi avvio verso il centro commerciale, al piano di sopra.
Fuori, al sole, trentasei gradi; dentro, a dir tanto, venti. 
Anzi, probabilmente l’aria gelida è sparata a dieci gradi e arriva intorno ai venti grazie alla presenza dei tantissimi consumatori - ognuno con i suoi trentasette gradi - che mitigano, come tante stufette, il clima polare dell’ipermercato.
Non so dire cos’è peggio, se i rivoli di sudore freddissimo che mi scorrono giù per la schiena o il traffico caotico di carrelli e di persone, tutte di fretta.
Mi sento perso, anzi gelato e perso.
Meglio: gelato, perso e disperato - già, perché oltre ad essere molto intelligente, sono anche leggermente ipocondriaco, e quindi mi  immagino, la sera stessa, ammalato, a letto con febbre, tosse e raffreddore. Mi guardo intorno, cercando un riparo; vedo un negozietto deserto.
Entro e, accolto da un clima ideale, decido di trascorrerci qualche istante.
Davanti a me, un banchetto, un commesso e meravigliose lavapavimenti che aspirano, lavano, disinfettano e profumano qualunque superficie.
Il commesso mi guarda con un’espressione interrogativa negli occhi; probabilmente non ho l'aspetto di un suo cliente tipico. Ormai, però, sono lì e mi ci trovo bene. 
Intanto che aspetto di essere asciutto, mi rendo conto che non posso non dire nulla e far passare il tempo guardando il soffitto, il pavimento, l'arredamento, l'orologio...quindi gli chiedo se sia possibile vedere all'opera una delle  meraviglie tecnologiche in esposizione.
Sempre un po’ sospettoso, senza dire una parola, il venditore incomincia la dimostrazione: rovescia sopra una zona del pavimento, immagino deputata ai test, sfere di acciaio, fagioli, segatura e acqua sporchissima; poi avvia l’aspira-lava-disinfetta-profumatrice.
In un attimo, tutto aspirato, lavato, disinfettato e profumato. Io, però, sono ancora sudato, non posso uscire ed espormi a quel clima ostile; quindi incomincio a tartassarlo di domande, del tipo: “Funziona su ogni pavimento?”, “Dove si butta tutta la schifezza che aspira?”, “Quanto dura il profumo e il detergente incluso?”, “E’ pesante da spostare?”, “ E’ facile da manovrare? Sa, sto pensando di regalarla a una persona anziana”. Dopo circa dieci minuti, di domande e risposte, non sudo più e sono finalmente asciutto, per cui decido di concludere il dibattito-interrogatorio, mi faccio dare un biglietto da visita e, promettendo mie notizie, mi avvio verso l’uscita, fisicamente pronto ad affrontare il gelo.
Proprio sulla porta, il commesso mi saluta e mi dice: “Torni pure quando vuole, prima che le venga la polmonite, là fuori.”
Sorrido, ringrazio di cuore ed esco, sicuro di sopravvivere al clima dell'ipermercato ma, soprattutto, contento di aver trovato qualcuno veramente intelligente.

mercoledì 14 settembre 2011

Vita da spiaggia

“Anche oggi si replica” ho pensato osservando l’arrivo dei vigili sulla spiaggia. Mi aspettavo il solito copione: avvistamento delle divise, squilli di allerta tra gli ambulanti, raccolta frettolosa delle mercanzie, fuga e inseguimento poco convinto delle forze dell’ordine.
Invece no. 
Forse per offrire un nuovo spettacolo a noi bagnanti, i vigili hanno mostrato i muscoli: sono arrivate due moto d’acqua a dare manforte ai colleghi a terra.
L’accerchiamento, in stile Hawaii Five-0, ha colto di sorpresa gli ambulanti che sono fuggiti molto più in fretta del solito, chiudendo i loro sacconi senza troppa attenzione.
Per alcuni, però, lo spettacolo non doveva essere del tutto nuovo; in un attimo, parecchie persone si sono catapultate giù dalle sdraio e dai lettini e, di corsa, hanno incominciato a seguire i vigili.
Al momento non capivo cosa succedesse; credevo che qualcuno, animato dal Sacro Fuoco Della Giustizia, cercasse di dare una mano alle forze dell’ordine.
Mi sbagliavo.
Correvano soltanto per arraffare i braccialettini, le collanine e quel poco di oggettistica caduta agli ambulanti nella loro precipitosa fuga.
Nonne, mamme, ragazzi e ragazze scavalcavano asciugamani, dribblavano lettini, evitavano secchielli e, a ogni luccichio sospetto, si buttavano in ginocchio per arraffare il gioiello, prima che qualcun altro glielo portasse via.
Lo spettacolo è durato circa cinque minuti.
Alla fine ognuno è tornato al proprio ombrellone.
I più fortunati con un sorriso soddisfatto, stringendo in mano il loro bottino.

domenica 11 settembre 2011

Fisica applicata

Non mi sento portato per le riparazioni. O meglio, mi piace molto cercare di aggiustare le cose ma, alla fine dell’intervento, l’oggetto delle mie attenzioni non è mai completamente funzionante.
Ho una radio-cd che aveva il pulsante del volume guasto. L’ho aperta, ho visto un filo staccato e l’ho riattaccato. Ora il volume funziona ma il lettore cd no.
La tapparella del soggiorno aveva la corda rotta; l’ho sostituita e ora la finestra non chiude bene.
Ho riparato un rubinetto in cucina perché sgocciolava in continuazione e ora perde lo scarico.
Un po’ preoccupato ho chiesto lumi ad amici sapienti.  Hanno detto che è normalissimo, è l’applicazione del principio di conservazione della quantità di cose rotte che recita “in un sistema circoscritto il numero delle cose guaste è costante”.
Meno male, pensavo fosse colpa mia.

mercoledì 7 settembre 2011

Bad girl

Ho una nipotina di dieci anni, dolcissima, occhi azzurri, treccine, sempre ben vestita, ben educata, bussa prima di entrare, si pulisce la bocca prima di bere; quasi una donnina, si sarebbe detto una volta.
Ogni tanto, però, sfida il fratello quattordicenne a rutti – gioco tipicamente maschio, al meglio dei dieci.
E regolarmente vince.

domenica 4 settembre 2011

Nel mio piccolo

Stanotte non riuscivo a prendere sonno; continuava a ronzarmi per la testa una frase detta dal nostro Presidente del Consiglio, ampiamente riportata da gran parte della stampa: l'Italia è "un paese di merda”.
Pur sapendo che il Premier sarà stato frainteso, la frase estrapolata dal contesto, interpretata male dalle orecchie comuniste dei cronisti, che in fin dei conti se pestar merda porta bene figuriamoci viverci dentro, mi sono sentito in dovere di dire anch’io la mia.
Mi sono chiesto quale ragionamento e analisi politica abbia portato il Presidente del Consiglio a pronunciare una frase così lapidaria, più adatta all’eloquio di certi suoi alleati di governo.
Forse è furibondo con certa magistratura che si ostina a perseguitarlo e a volerlo considerare una persona come le altre, almeno davanti alla legge.
Oppure è esasperato dal servizio pubblico che non ne vuole sapere di estinguersi,  nonostante le bordate cui è costantemente sottoposto: medici ed infermieri che continuano a prestare servizio nelle strutture sanitarie pubbliche, sempre più in crisi; insegnanti che cercano, tra mille difficoltà, anche pratiche,  di trasmettere alle nuove generazioni i valori alla base di ogni stato libero e di diritto;  impiegati – bistrattati – che cercano di mediare quotidianamente tra le sacrosante esigenze dei cittadini e la giungla di leggi che altri hanno promulgato.
E i pensionati? Immagino che l’atteggiamento di buona parte di loro, quella che fa fatica ad arrivare alla fine del mese, che continua a pretendere, che non si rende conto di gravare sulle spalle dell’Italia Che Lavora, sia una bella spina nel fianco.
Che sia incollerito con i precari, i disoccupati, i cassaintegrati, i giovani che non si adeguano alle norme di un mercato suicida e che, invece di pensare alle sacrosante ragioni delle imprese e dei manager dagli stipendi di giada, continuano ad arrovellarsi inutilmente sul loro futuro?
Potrebbe anche sentirsi tradito da certi imprenditori che pensano sia giusto che chi più ha, più debba pagare, che le tasse non sono, o non dovrebbero essere, un furto ma un investimento.
Io, comunque, non mi sento offeso. Se l’Italia, che il nostro Premier osserva quotidianamente, è talmente diversa dalla sua idea di Stato da meritarsi quell’appellativo vuol dire che per me, e per quelli che la pensano come me, c’è ancora speranza e che non tutto è perduto.

giovedì 1 settembre 2011

Pensieri di settembre

Seduto comodamente in poltrona, sto per riprendere la lettura di un bellissimo libro, “il Palazzo degli specchi” di Amitav Ghosh.
Sul divano di fianco si è coricato mio figlio - undici anni -  concentratissimo sul Nintendo DS, su chissà quale gioco.
Abbiamo appena terminato una partita a scala quaranta e, come quasi sempre, ho perso.
La stanza in cui ci troviamo è immersa in un notevole caos: libri, fogli, quaderni di compiti, scarpe, due lattine di coca-cola appoggiate in terra.
E’ vero, c’è disordine, ma la cosa non mi da’ particolarmente fastidio, non mi urta, anzi mi piace molto.
Il disordine, quello provocato dai bambini, è positivo, vitale, segno di un’esuberanza che si affievolisce e sparisce col passar degli anni, con il maturare.
Il mio ragazzo cresce, sta diventando adolescente e tutti questi momenti d’intimità, di gioco, di manifestazioni d’affetto esplicite e inaspettate - che solo certa età sa donare - diminuiranno, spariranno.
Spiazzato da queste riflessioni, appoggio il libro sulle ginocchia, guardo mio figlio, sempre assorto nei suoi mondi e mi concentro su tutti i pensieri e le emozioni che si affacciano alla mia mente: la gioia perché sta crescendo bene, la speranza che il suo futuro sia il migliore possibile e il dispiacere perché, comunque, la crescita equivale a una separazione, un distacco. Ed io non mi sento pronto. 
Mi piacerebbe, ogni tanto, poter fermare il tempo per prolungare qualche momento meraviglioso e irripetibile che mio figlio mi regala.
Poi un'intuizione, che con prepotenza offusca tutto il resto: mi accorgo che, dopo aver passato buona parte della vita inseguendo la maturità, la razionalità, adesso cerco in tutti i modi di recuperare la spontaneità e l’innocenza della mia infanzia, quella capacità di vedere il mondo da un’altra prospettiva, di vivere ogni sentimento o emozione come se, in quel momento, non ci sia altro, salvo poi, in un attimo, cambiare.