domenica 4 settembre 2011

Nel mio piccolo

Stanotte non riuscivo a prendere sonno; continuava a ronzarmi per la testa una frase detta dal nostro Presidente del Consiglio, ampiamente riportata da gran parte della stampa: l'Italia è "un paese di merda”.
Pur sapendo che il Premier sarà stato frainteso, la frase estrapolata dal contesto, interpretata male dalle orecchie comuniste dei cronisti, che in fin dei conti se pestar merda porta bene figuriamoci viverci dentro, mi sono sentito in dovere di dire anch’io la mia.
Mi sono chiesto quale ragionamento e analisi politica abbia portato il Presidente del Consiglio a pronunciare una frase così lapidaria, più adatta all’eloquio di certi suoi alleati di governo.
Forse è furibondo con certa magistratura che si ostina a perseguitarlo e a volerlo considerare una persona come le altre, almeno davanti alla legge.
Oppure è esasperato dal servizio pubblico che non ne vuole sapere di estinguersi,  nonostante le bordate cui è costantemente sottoposto: medici ed infermieri che continuano a prestare servizio nelle strutture sanitarie pubbliche, sempre più in crisi; insegnanti che cercano, tra mille difficoltà, anche pratiche,  di trasmettere alle nuove generazioni i valori alla base di ogni stato libero e di diritto;  impiegati – bistrattati – che cercano di mediare quotidianamente tra le sacrosante esigenze dei cittadini e la giungla di leggi che altri hanno promulgato.
E i pensionati? Immagino che l’atteggiamento di buona parte di loro, quella che fa fatica ad arrivare alla fine del mese, che continua a pretendere, che non si rende conto di gravare sulle spalle dell’Italia Che Lavora, sia una bella spina nel fianco.
Che sia incollerito con i precari, i disoccupati, i cassaintegrati, i giovani che non si adeguano alle norme di un mercato suicida e che, invece di pensare alle sacrosante ragioni delle imprese e dei manager dagli stipendi di giada, continuano ad arrovellarsi inutilmente sul loro futuro?
Potrebbe anche sentirsi tradito da certi imprenditori che pensano sia giusto che chi più ha, più debba pagare, che le tasse non sono, o non dovrebbero essere, un furto ma un investimento.
Io, comunque, non mi sento offeso. Se l’Italia, che il nostro Premier osserva quotidianamente, è talmente diversa dalla sua idea di Stato da meritarsi quell’appellativo vuol dire che per me, e per quelli che la pensano come me, c’è ancora speranza e che non tutto è perduto.