Questa è la triste storia di un grande amore.
Incontrai Susy durante un pomeriggio invernale; il sole stava tramontando e la nebbia già saliva dai campi.
Lei mi ignorava alla grande; normale: fanno tutte così, all’inizio.
Non sono uno sbarbatello; ho una strategia di corteggiamento infallibile, basata su dedizione totale, molta astuzia e altrettanta attenzione.
Primo: studiare il bersaglio e imparare le sue abitudini. Secondo: avvicinarsi con decisione e ripiegare velocemente - la parola d’ordine è “Toccata e fuga”. Terzo: mettere in conto tanti calci sul muso.
Ah, i calci di Susy. E chi se li dimentica? Io incassavo, fuggivo e mi dicevo “Un altro livido d’amore. Dolce Susy, non mi scapperai a lungo. Fra poco sarai mia”. Fidatevi, io sono un asino riproduttore, so di cosa parlo: l’istinto e il desiderio fanno dimenticare in fretta il dolore delle zoccolate.
Aspettavo qualche minuto e poi riprendevo l’avvicinamento. Cerchi sempre più stretti verso l’asina dei miei sogni.
Susy, furbissima, se ne accorgeva, ragliava e scappava. Ma era chiaro che stava cedendo: fuggiva per pochi metri, poi si fermava e mi fissava con quei suoi occhi sprezzanti. Mi provocava! Capite che femmina? Io conosco le asine e Susy voleva solo il meglio, per lei. Dovevo dimostrare di meritarla.
E questo voleva dire non arrendersi, insistere e continuare l’assedio, per tutto il tempo necessario.
Poi, una mattina, capii che il momento buono era arrivato.
Ero appena uscito dalla stalla; la terra gelata scricchiolava sotto i miei zoccoli, il sole era caldo e l’aria fredda mi soffiava sul muso. La vidi in fondo al campo. Il pelo era lucido e il calore del suo corpo si condensava intorno a lei formando spirali di vapore. Bellissima e irresistibile.
Sentii il cuore pulsarmi nelle orecchie, i muscoli si contrassero, il mondo sparì e rimase solo Susy.
Partii al galoppo e la raggiunsi con facilità. Una mezza impennata sulle zampe posteriori, la rapida risalita sulla sua groppa, una serie di morsi sul collo e finalmente la presi.
Da quel momento il ritegno di Susy calò. Non poteva essere altrimenti, so quel che valgo. Certo, era una femmina di classe e quindi bisognava conquistarla ogni volta. Prendevo ancora un bel po’ di calci, ma faceva tutto parte del gioco.
Eravamo una gran coppia: ci cercavamo con gli occhi e con le orecchie, ci scambiavano grattini sul collo, brucavano a fianco a fianco. Tutte le mattine uscivamo dalla stalla - davanti Susy, seguita a ruota da me - e incominciavamo a trottare. Quattro giri di campo per sgranchirci i muscoli e poi ripartivano le danze.
Questo favola durò tre mesi, poi la sorte mutò.
Una fredda domenica invernale, Il mio padrone arrivò per riportarmi all’allevamento. Con due aiutanti mi prese per le briglie e iniziò a tirarmi verso il carrello.
Io sono forte e testardo, in quel periodo poi ero anche innamorato. Non ne volevo sapere: m’impuntavo sulle zampe anteriori e scalciavo, mentre gli uomini cercavano di spingermi sul trolley.
Susy, dal recinto, ragliava e scalpitava. Che femmina di carattere! Dovevate vederla: le provò tutte per liberarsi e correre da me. Per due volte cercò di saltare la staccionata. Scalciò e prese a morsi gli assi. Purtroppo fu tutto inutile: il legno non si spezzò.
Anch’io non cedevo. Quando ormai ero quasi sul carro, scartai di lato, scivolai giù dalla pedana e mi liberai. Con calma passai in mezzo ai tre uomini, li squadrai dall’alto in basso - erano finiti gambe all’aria - e trottai fiero verso la mia Susy. Lei si avvicinò e ragliò tutta la sua ammirazione.
Mi fermai e guardai gli uomini. Sentivo di essere in una situazione di stallo: loro erano stanchi e innervositi, ed io determinato a restare con Susy.
Dopo un’altra ora di tentativi inutili, eravamo sfiniti; gli uomini anche molto ammaccati.
Lo sapevo bene che la partita era persa e che gli uomini avrebbero vinto. L’importante, però, non era batterli, ma combatterli il più a lungo possibile.
Verso sera la situazione si sbloccò con l’arrivo dei rinforzi: altri due agricoltori si unirono al gruppo.
Gli uomini si disposero in cerchio, mi circondarono ed io salii – nessuno si azzardò a toccarmi - sul carrello, che partì veloce poco dopo.
Fu la superiorità numerica a decidere il mio destino e scrivere la parola fine al nostro grande amore.
Sono passate già due settimane e me la ricordo ancora, la Susy.
Me la vedo, uscire dalla stalla alla mattina, girarsi indietro e fermarsi per aspettarmi, come faceva sempre quando ero lì.