giovedì 2 febbraio 2012

Pensieri sulla crisi

Promuovo al rango di post un componimento in rima, che ho scritto in seguito ad una gentile richiesta.


La crisi
E' un dovere
asciugare
tra tante lacrime
solo quelle vere

E' ispirato al testo "L'arte perversa del piagnisteo"(qui il link) di Giancarlo Livraghi (qui il sito), di cui riporto un frammento:

<...> Se erano false e bugiarde le promesse di “tutto va bene” in cui siamo stati cullati per troppi anni sono altrettanto ingannevoli le elucubrazioni sulla “crisi”. Che c’è davvero, ma non è come la cultura dominante la descrive, né come appare nella ripetitiva e disorientante confusione dei mass media.

L’incessante, ossessiva ripetizione crisi-crisi-crisi-crisi non produce solo una patologica depressione, ma anche altre devianti complessità. Proteste legittime ma confuse, che furoreggiano per poi esaurirsi senza aver prodotto alcun risultato. Egoismi in cui ci si rifugia per tentare di sottrarsi alla tempesta, dimenticando la fondamentale necessità di solidarietà sociale. Assuefazioni, perché anche senza volerlo ci si “abitua” al peggio e si rischia di accettare l’inaccettabile.

A tutto questo si aggiungono le manipolazioni del piagnisteo. “Sai, c’è la crisi” è una scusa ricorrente per pagare poco e male, sfruttare, licenziare, mortificare, approfittare del disagio altrui per trarne vantaggio.

I privilegiati si accodano al disagio generale per fingersi sofferenti. Corrotti e corruttori, violenti e criminali, egoisti e sfruttatori, si sentono “giustificati” dalla generale percezione di dover “sopravvivere al disastro”. Imperversa lo scaricabarile. Qualunque sia il problema, la colpa è di “qualcun altro”. Accade così negli scenari, nazionali e internazionali, della politica e dell’economia, come in tante piccole vicende di meschini egoismi.

Insomma siamo in preda a un’acuta, pandemica manifestazione di quel prepotente mostro distruttivo che è sempre stato il potere della stupidità.

Sarebbe sbagliato affermare o credere che sia “tutto così”. Se non siamo definitivamente sprofondati nella catastrofe è perché tanti continuano a fare ciò che serve, a capire i valori della solidarietà, a impegnarsi per risolvere i problemi invece di cercare scappatoie.

Consapevoli, certo, della “crisi” – non nella mitologia delle apparenze, ma nella sua preoccupante realtà. Ma non per questo “demotivati” nel guardare oltre la paura e scoprire le possibilità di fare, concretamente, qualcosa di utile, responsabile, costruttivo, solidale. In una parola, umano.

Essere addolorati per chi, davvero, soffre è penosamente necessario. Nell’ansia di egoistica paura, non si sta facendo con sufficiente attenzione, né ampiezza di prospettiva. Ma, anche quando è giusto, piangere non basta. Occorre agire e reagire, ognuno nell’ambito delle sue capacità e possibilità (anche sorvegliando con occhio critico l’imperversante stupidità del potere).

Comunque, un passo necessario per essere meno confusi è togliere di mezzo la sterile perversità di troppi manieristici e ipocriti piagnistei.