giovedì 6 ottobre 2011

Un uomo, un perché

Conosco un tale che di mestiere faceva il meccanico di aerei.
Uno di quei superuomini che riescono a smontarti e a rimontarti un aeroplano in pochissimo tempo.
Non so se avete mai visto un aereo smontato: un insieme impressionante di pezzi, pezzetti e pezzettini, tutti con un loro perché.
E i cavi elettrici? No, dico, vogliamo parlare di tutti i fili che ci sono all’interno di un aereo? Guardate, io non li ho mai contati, però sono molti, moltissimi anzi tanterrimi (quei due – e dico due perché mi piace vantarmi – quei due santi uomini che mi seguono, sanno del mio rapporto malato con alcune parole).
Beh, insomma, per farla breve, quest’omino è andato in pensione da un paio di mesi.

Sapete come passa il tempo? "Va al bar", direte voi, "A pesca", "Io lo so, cura l'orto!". 
No, niente di tutto questo. Ogni pomeriggio va al parco, suona una campanellina, soffia in un fischietto e si mette alla guida del trenino per i bambini.
Capite che tipo? Uno che sembrava tutto tecnica, fili, dadi e bulloni, abituato a preparare gli aerei e poi guardarli a testa in su, sempre con i piedi per terra, adesso guida un trenino pieno di bambini.
Mi piacerebbe tantissimo essere come lui, per molte ragioni. 

Beh, innanzi tutto è riuscito ad andare in pensione, che al giorno d'oggi non è poco.
Poi è arrivato a un’età che, una volta, si definiva veneranda.
Soprattutto, però, è riuscito nell'impresa di mantenere uno spirito giovanissimo, da bambino.