lunedì 28 novembre 2011

Non è la stessa cosa - 1

Finalmente il sole, dopo giornate di nebbia e freddo.
Non voglio ritornare subito a casa. Dopo otto ore al chiuso, ho bisogno di un po’ d’aria e di luce. Così incomincio a camminare, senza una meta precisa; una ventina di minuti e mi ritrovo nel quartiere dove sono cresciuto: una zona centrale, di case vecchie.




E’ parecchio che manco; mi fermo un attimo e penso: “guardiamo se lo riconosco”.  Come nel gioco “Trova le differenze” cerco le cose che sono cambiate, sovrapponendo i miei ricordi a quello che vedo.
Le strade sono sempre quelle; qualche casa ha più appartamenti - è cresciuta in altezza, altro che immobili - e le auto sono aumentate. Così a occhio mi sembra che ci siano più automobili che esseri viventi, contando umani, animali e piante.
Il muretto dove passavamo ore a chiacchierare, in estate e in inverno, resiste ancora anche se, adesso, è pieno di graffiti. Ma non è un male; mi piace anche così, coloratissimo e meno anonimo.

Di fronte al muretto c'è un porticato, ed è lì che  trovo i cambiamenti più importanti. Molti negozi hanno chiuso; alcuni sono rimasti vuoti mentre altri si sono trasformati in sportelli bancari. Dove c’era un fruttivendolo, adesso c’è una farmacia. Mi vien da pensare che ci siano più infermi oggi di qualche tempo fa: meno ortaggi e più malati.
Anche la pasticceria ha chiuso e al suo posto è spuntato un “Compro oro”. Più malati, meno frutta e meno dolci. La nostalgia, che provo, sarà pure dovuta alla maledetta sindrome da “tempus fugit” ma sono sicuro che diano il loro contributo anche lo stomaco e il gusto. E’ un fatto: adesso, in questo quartiere, sotto questi portici, non posso comprare una fiamma (pasticcino di cioccolato super extra fondente – N.d.A.) o un mandarino. Se sono un po' giù, qui non ci sono generi di conforto. Quelli come me, che la tristezza gli passa con un paio di bignè, non sono lasciati soli, però. 

C'è la farmacia. Ma non è la stessa cosa.